A differenza del
suo paese, facile al suscitare entusiasmi e svenimenti, purtroppo il
thailandese non sempre gode di fama altrettanto eccelsa presso gli stranieri.
I social network,
le conversazioni che corrono sui tavoli dei ristoranti, le chiacchiere confidate
al telefono abbondano di commenti sarcastici, di note sul genere “Ma tu lo sai
che...” o “Non ci avrei mai creduto se non lo avessi visto con questi
occhi”, che talvolta si tingono di cattiveria e perfida superiorità
farang.
A onor del vero
bisogna ammettere che come ogni leggenda si basa su un fondo di verità, anche
in questo caso le maldicenze battono la lingua sul tamburo perché qualche
ingenuità, qualche carenza, qualche stranezza c’è davvero, complice una cultura
distante anni luce dalla nostra e un governo che da sempre preferisce
sacrificare un po’ di pensiero critico per assicurarsi un pizzico di obbedienza
in più.
Ma la
verosomiglianza fa presto a divenire esagerazione quando affidata a intenti
denigratori ed ecco che in un batter d’occhio la lacuna si fa voragine, il
difetto diventa delitto, la differenza culturale degenera in peccato originale.
Mettendo in secondo piano tutto il resto.
Eppure questo
popolo vanta alcune caratteristiche peculiari che lo contraddistinguono dal resto
del mondo, e che troppo spesso vengono taciute. Sfumature uniche, dettagli
incomparabili, virtù d’altri tempi e d’altri mondi, che in questi mesi si sono
evoluti di fronte ai miei occhi assumendo sempre più le fattezze di veri e
propri poteri soprannaturali. Poteri da supereroi.
Con questo post
intendo perciò restituire grandezza a un popolo troppo abituato
a essere sminuito dalla faciloneria del giudizio altrui e cantarne le lodi a
chi ancora non lo conosce.
Ecco che cosa ha
un thai che noi non abbiamo:
# Il thailandese
non suda
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Scene di vita ordinaria in Thailandia:
Kanchanabury, io un bagno di sudore, la mia amica thai col giubbotto di jeans. |
Nel senso che non
suda. O meglio, lo fa solo in condizioni estreme, ad esempio al termine di una
partita di calcio o dopo avere faticato per un’ora in palestra sotto bilancieri
e shoulder press.
Ma non suda
perché fa caldo, non suda in treno perché non c’è l’aria condizionata, non suda
ai margini della strada davanti a un barbecue ambulante, non suda a dirigere il
traffico sotto strati di tessuto e un cappello dalle falde larghe.
Mentre tu
senti il corpo liquefarsi in zone di cui avevi persino dimenticato l’esistenza,
la sua fronte non si imperla nemmeno di una goccia.
Mentre tu sogni che
inventino finalmente qualcosa di più sottile e rinfrescante di short e
canottierine, loro si mostrano senza pudore rivestiti di felpe e giubbotti. C’è
chi giura persino di avere visto qualcuno sfoggiare un finto pellicciotto con
la stessa disinvoltura con cui l’amico farang si godeva gioioso il fresco
venticello della sera.
Va da sé che il
thailandese nemmeno puzza. Non ho mai sentito un abitante della Terra dei
Sorrisi odorare anche solo vagamente di sudore, nemmeno a fine giornata,
nemmeno dopo essere stato a martellare sull’asfalto rovente tutto il santo
giorno. Ieri ero sull’autobus che da Mae Sai mi riportava a Chiang Mai e
durante l’ennesimo blocco della polizia, un agente delle forze dell’ordine,
salito per controllare che tra noi non ci fossero birmani clandestini e
spacciatori di droga, ha appoggiato un braccio sul portabagli, esattamente
sopra di me. Indossava una di quelle divise di cotone spesso, una pettorina di
nylon e un cappello dalla lunga visiera. Me lo immaginavo al servizio da ore,
sotto i 40 gradi di questa tenera stagione monsonica thailandese. Mentre mi sporgevo
leggermente verso la sua ascella, mi sono detta: va là che stavolta ti frego.
Niente: fresco
come una rosa.
# Il thailandese
riesce a impilare sul motorino una quantità di cose e persone inimmaginabile
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Un motorino thai dopo un controllo della polizia. |
Chiunque sia
stato almeno una volta in Thailandia avrà visto una di quelle scene surreali in
cui a un certo punto compare come un miraggio un motorino che sfreccia con
un’intera famiglia abbarbiccata sopra (naturalmente tutti senza casco), animali
domestici compresi. O che porta impilata una piramide irreale di assi di legno,
oggetti, intere mobilie.
O entrambe le cose assieme. Sono la norma, sono ovunque.
Tu li guardi e pensi:
ora crolla tutto. O almeno perde per la strada un cestino, una sedia, un cane.
E invece il motorino thai continua imperterrito a procedere in un gioco di
equilibri impossibili e delicatissimi, sfuggendo a ogni legge della fisica
conosciuta e anche di quella solo vagamente ipotizzabile.
# Il thailandese
non ha la più pallida idea di dove tu debba andare ma alla fine ti ci porta
sempre
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Solo il tassista thailandese sa portarti a destinazione senza avere capito dove vuoi andare. |
Se ci si
allontana un po’ dai luoghi più frequentati dai turisti, dove l’inglese si
trasforma da necessità in orpello nient’affatto scontato, è facile imbattersi prima
o poi nella seguente scena.
Fermi con una
mano il taxi e dici la tua destinazione. Il tassista ti guarda spaesato, tu
ripeti il nome del luogo più lentamente, consapevole che la tua pronuncia è un
po’ un disastro. Lui ripete il nome con aria sconfortata, come a dire “Ma
perché dovevi fermare proprio me, con tutti i taxi che ci sono qui a Chiang
Mai”.
Allora tu hai un
guizzo di genio: prendi la cartina e gliela spieghi sotto gli occhi, indicando
dove siete in quel momento e dove vuoi andare. Alla fine lui dice “Ok,
ok” e tu sei talmente estenuato dalle difficoltà comunicative, o semplicemente
troppo in ritardo per il tuo appuntamento, che fingi di ignorare la pagliuzza
di vacuità nel suo sguardo e sali a bordo. Fai, cioè, come fai sempre da quando
sei in Thailandia: anziché affidarti al tassista per raggiungere la tua
destinazione ti affidi alla provvidenza.
Poi durante il
tragitto accade qualcosa tra il miracoloso e il trascendente. Non ho mai capito
se il semplice guidare porti a una sorta di improvvisa illuminazione, o se il
vetro scuro impedisca di vedere che il tassista telefona a qualcuno di sua
fiducia per risolvere l’arcano. Non l’ho mai capito e non voglio nemmeno
saperlo. Fatto sta che sempre, e dico sempre, arrivo a destinazione.
# Il thailandese
riesce a mangiare il khao soi senza sporcarsi
Ogni delizia
nasconde il suo lato oscuro, come si sa, e il khao soi non fa eccezione.
Il vanto
culinario di Chiang Mai è una deliziosa zuppa anguillosa e speziata di noodle,
coscetta di pollo, cipolla e lime, il tutto immerso in una brodaglia scura
punteggiata di peperoncino. Mangiarla è un regalo di cui ringraziare il cielo,
ma anche una prova di destrezza manuale e di coraggio. Non appena cerchi di
afferrarle con i bastoncini, queste piccole tagliatelline di riso prendono
improvvisamente vita e guizzano da tutte le parti, tranne là dove natura
vorrebbe: dentro la bocca. Ho contato più magliette rovinate dagli schizzi
brodosi del khao soi che dalle ingiurie del tempo e lo stesso destino è toccato
a tutti i farang con cui ho avuto modo di confrontarmi sullo spinoso argomento.
Ecco, tutto
questo al thai non succede. Il thai è diverso. Il thai è l’unico essere al mondo che può
presentarsi a un appuntamento col khao soi avvolto in una camicia di bianchezza abbacinante e uscirne indenne.
E mentre io continuo la mia stoica
battaglia per schivare gli spruzzi, cercando il modo di presentarmi al
ristorante in sarong senza suscitare troppe domande, mi aspetto da un giorno
all’altro di vedere comparire una sposa in abito bianco per il suo banchetto
nuziale a base di khao soi, così, giusto per umiliarmi un po’.
# Il thailandese
ha uno scudo invisibile che lo protegge dalle scariche elettriche
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Paesaggio tradizionale thailandese. |
Ricordo che
quando stavo a Ko Phangan vivevo ogni volta come un’avventura dagli esiti
incerti percorrere la breve strada che dal mio bungalow conduceva alla spiaggia
di Chaloklum. Il trucco era guardare in basso, soprattutto quando pioveva, ignorando
i rumori di sfrigolamento che provenivano da sopra la testa, e proseguire verso
la mia destinazione senza farmi troppe domande. Alzare gli occhi avrebbe
significato ammettere che se ero ancora viva, se tutti noi lo eravamo,
era semplicemente in virtù di una fortuna sfacciata.
I grovigli di
cavi che solcano i cieli thailandesi ad altezza uomo, nei villaggi come nelle
città ipermoderne degli skyrtrain e dei centri commerciali, sono uno di quei
fenomeni affascinanti che suscitano dibattiti e interrogativi: perché tutto non
si è già trasformato da tempo in un un unico, inestinguibile rogo? Perché i
giornali non sono pieni di notizie di persone fulminate e trasformate in
torce umane?
Interrogativi destinati a rimanere irrisolti, a meno che non si
postuli come unica risposta plausibile quella anticipata nel titolo stesso del
post.
Thailandia: un
paese di supereroi.
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