6 motivi per NON andare a Pai

Montagne e campi di riso a Pai.
A Pai di solito non ci si capita per caso. È difficile che mentre stai facendo una scampagnata domenicale, preso dai morsi della fame tu decida di fermarti in quel grazioso paesino che si intravede all’orizzonte per farti un fruit shake.
Anche se dista solo 136 km da Chiang Mai occorrono infatti ben 3 ore di minivan per percorrere tutte le 762 curve che separano Pai dalla Rosa del Nord. E anche se bisogna ammettere che il paesaggio si impegna davvero molto per distrarre l’attenzione, 762 curve possono davvero essere tante se affrontate sul sedile di un minivan (in questo articolo ti racconto più o meno cosa significa).
Ecco perché ritengo che prima di affidare la propria anima a tutti i santi in paradiso e affrontare questo viaggio che non può altro che risolversi in un atto di fiducia smisurato verso il proprio angelo custode, sia importante conoscere qualcosa di più di questo piccolo villaggio scoccato in mezzo alle foreste del selvaggio nord.
Il web abbonda già di articoli che dipingono Pai come una meta irrinunciabile di ogni tour in Thailandia. Di liste di motivi per cui bisognerebbe assolutamente visitarla ce ne sono fin troppe. Quello che invece manca, a mio parere, è qualcuno che sottolinei le ragioni che potrebbero far rimpiangere un giorno di essere saliti su quel minivan. 
È esattamente quello che mi propongo di fare elencandoti i 6 motivi principali per NON andare a Pai.

 È tranquilla
Il tipo di casetta e il paesaggio che puoi trovare a 5 minuti dal centro di Pai.
Scordati il traffico claustrofobico di Bangkok e Chiang Mai, metti nel cassetto la musica sparata a tutto volume e i sederi sculettanti e schiamazzanti delle strade di Patong. Pai è un villaggio e del villaggio ha la tranquillità e i toni pacati.
Non dovrai cercare in valigia i tappi per le orecchie per isolarti dai party che si protraggono fino a notte inoltrata, non dovrai scavalcare corpi aggrovigliati a terra residui cadaverici dell’ennesimo full moon party, né fare lo slalom tra le venditrici di rane di legno e i tuk tuk che si offrono di portarti ovunque tu voglia.
Sia chiaro, Pai non è la spiaggia segreta di The Beach, la meta segreta di cui si pronuncia a bassa voce il nome per tenere lontani i turisti, esattamente il contrario: è una delle mete più gettonate dai backpacker, con una particolare predilizione per quelli “alternativi” che girano a piedi scalzi e fumano uno spinello dietro l’altro parlando di spiritualità a suon di musica reggae. Pai è straturistica. Ma un turismo di norma gentile ed educato, di quelli lenti che piacciono a me, dove passi il tempo tra una bancarella di street food e un caffé (ottimo, da queste parti) sorseggiato al tavolino di un bar leggendo un libro. E questo nel cuore di Pai. Perché se poi si decide di prendere una delle tante stradine che si allontanano dalla Walking Street per inerpicarsi lungo la collina, tutto quello che si sentirà sarà qualche frammento di musica in sottofondo che emerge timida tra l’assordante frinire dei grilli e gli scaramantici trombettii dei gechi.
Perciò se cerchi le urla e gli schiamazzi da presbornia, i silenzi arresi e ingloriosi da postsbornia e quegli ispiranti mix di sudore, alcol e inconsapevolezza, sappi che Pai NON è il posto per te. Ripercorri immediatamente a ritroso le 762 curve e precipitati a Patong.

 C’è una grande interazione tra locali e farang


                                                 
Non parlo di turisti, ma di gente che vive a Pai diversi mesi all’anno. Molti farang (termine spregiativo con cui i thailandesi identificano gli stranieri) tornano qui da anni e anche se storcono il naso rimpiangendo i bei tempi che furono quando di espatriati in giro ce n’erano ancora pochi, il fascino e la tranquillità di questo posto continuano ad attirarli come una calamita. La comunità principale è sicuramente quella giapponese: ex hippy del Sol Levante venuti qui per vivere in armonia con la natura e rimasti per dedicarsi a tutto ciò che l’arte consente loro di sperimentare. C’è anche una comune nipponica a pochi chilometri fuori Pai, il Moon Village (guarda nel video una delle tante esibizioni improvvisate al Moon village). 
Questo gran numero di espatriati più o meno stabili è riuscito a intrecciare rapporti con i locali difficili da vedere altrove in Thailandia. Uno dei principali problemi di chi sceglie di vivere in questo Paese è infatti il profondo divario di lingua e cultura con i locali, soprattutto nelle grandi città dove gli stranieri sono più di passaggio e i locali un po’ troppo accecati dal dio denaro. 
A Pai, miracolo ha voluto che le cose andassero diversamente. Da una parte i thailandesi hanno trasmesso agli stranieri quell’approccio lento alla vita e quel gusto per la leggerezza che a molti occidentali manca, dall’altra gli stranieri, molti dei quali artisti, pensatori, salutisti, anime interessate al lato più impalpabile e denso della vita, hanno abituato le menti thai, solitamente poco inclini ad abbracciare le culture altrui, ad aprirsi a ciò che non conoscono, perdendo un po’ della loro rigidità. Il risultato sono un proficuo scambio culturale e la bellissima sensazione di sentirsi un po’ meno farang di quanto normalmente ci si sente farang in Thailandia, vale a dire guardati dall’alto in basso.
Perciò se sei portatore della sindrome da razza ariana o di quella opposta, che affligge chi si sente perennemente inferiore e tentennante in terra straniera, e se credi che le culture dovrebbero al massimo sfiorarsi ma mai compenetrarsi, sappi che Pai NON è il posto per te. Prenota quindi il primo bus per Chiang Mai, dove ti basterà mettere piede a terra ed entrare in un ristorante locale per sentirti sussurrare alle spalle uno sprezzante “Farang!”.

③ Ha una scena culturale e artistica molto stimolante
Ogni giovedì sera a Pai gli amanti 
delle parole si riuniscono ad Art in Chai.
E chiunque conosca un po’ la Thailandia sa bene quanto questa sia una rarità. Eccezion fatta per Bangkok, fucina di talenti nascosti, e di Chiang Mai, grazie soprattutto alla sua spumeggiante scena universitaria, si possono passare ore intere a trovare pregi a questo Paese, ma tra essi raramente figurerà l’aspetto culturale. 
Ci si innamora di donne, paesaggi e atmosfere mistiche, ma quasi mai della mente thailandese. Tutt’al più dell’assenza di essa, ma questo è un altro discorso. Se amate la musica, la pittura, il cinema e i libri preparatevi a intavolare discussioni molto più simili a monologhi che a dialoghi costruttivi, durante le quali il vostro interlocutore fingerà interesse per una decina di secondi circa per poi sciogliersi in un profondo sbadiglio e dedicarsi al suo iphone.
Pai è diversa. Pai mi ricorda enormemente Byron Bay, in Australia. Ovunque ti giri c’è un negozietto che espone oggettistica artigianale preziosa come gioielli, musica dal vivo quasi ovunque, bar arredati in modo eccentrico e fantasioso, maghi del cucito, della pittura, della scultura, sciamani delle discipline olistiche. Moltissimi bar, guesthouse e ristoranti hanno una piccola libreria e questo, lasciatelo dire, sì che è una gemma rara in Thailandia: i libri sono ovunque. Spesso ti capiterà, mentre mangi un’insalata di quinoa e sorseggi un watergrass juice, di origliare discussioni provenire dal tavolo vicino su come l’energia del pianeta stia profondamente cambiando e del fatto che siamo ormai pronti per un nuovo salto evolutivo. A Pai le persone pensano alto e viaggiano in profondità. Non solo. Pai stuzzica le tue abilità nascoste, invoca il tuo talento e gli offre un microfono. Le serate “open mic” spopolano in questa cittadina adagiata sul fiume omonimo, quasi ogni sera chi lo desidera puo’ pescare nella parte meno esplorata di sé e dare voce al proprio estro, conclamato o presunto tale, accaparrandosi i 15 minuti di notorietà di warholiana memoria. La mia preferita è Spoken Words, la serata organizzata da un minuscolo locale nel centro di Pai, che ogni giovedì sera si riempie di personaggi eccentrici e poetici, che leggono poesie, cantano, narrano di come il mondo potrebbe trovare la strada per la propria rinascita e di come un giorno Shiva si innamorò perdutamente di Parvati.
Perciò se per te vacanza significa spegnere la mente e rilassarla nella totale assenza di stimoli intellettivi, ancora una volta: Pai NON è il posto per te. Ma non preoccuparti, la luna piena e la sua festa a zero QI di Ko Phangan c’è una volta al mese...

 È circondata da bellezze naturali rigeneranti
Il spettacolare canyon di Pai. Gratuito, come tante attrazioni nei dintorni.
Cosa che teoricamente è vera anche per Chiang Mai, ma per raggiungere il circondario di Chiang Mai occorre di solito pagare lo scotto di traffico, inquinamento e tempo e non sempre ne vale la pena. A Pai è letteralmente dietro l’angolo. A pochi chilometri dal centro pedonabile ti attendono canyon, cascate, sorgenti termali naturali con liane che pendono su specchi d’acqua cristallini, foreste intricate che lasciano il passo a risaie e campi di granturco, parchi incontaminati e terre che un bel giorno hanno deciso di dividersi a metà mettendo a contatto con l’aspetto più primordiale della natura: la sua potenza e imprevedibilità. Dettaglio non trascurabile, quasi tutte queste attrazioni naturali, oltreche bellissime, sono completamente gratuite.
Perciò se per te Thailandia significa polmoni saturi di microparticelle, perché l’Asia non è Asia se non è caotica e inquinata, beh senza alcun dubbio Pai NON è il posto per te. Scappa prima che i tuoi polmoni e la tua mente si riempiano di quella cosa pericolosa chiamata ossigeno, che poi non è detto che tu sappia cosa farci.

 È priva dei classici divertimenti thailandesi
L'istituzione thailandese per eccellenza: il 7-Eleven.
A Pai non c’è un cinema. Non ci sono ping pong show, go go bar, karaoke. E mi spiace, no, per il tuo big mac dovrai aspettare, perché qui il McDonald non ha ancora aperto i battenti. Però tranquillo, di sicuro qualche ausilio fumoso non sarà difficile da trovare e soprattutto avrai a ogni angolo di strada la vera icona che fa della Thailandia la Thailandia: il 7-Eleven.
Perciò se vuoi inebriarti della soddisfazione sensoriale veloce, a basso prezzo e che non fa domande che ha reso così famosa la Terra dei Sorrisi fin dai tempi dei divertimenti americani, il suggerimento puoi immaginarlo anche da solo: prenota un albergo vicino a Patpong o una serata allo Zoe di Chiang Mai e scappa a gambe elevate da qui, perché Pai NON è il posto per te.

 È stregata da una maledizione
Una strana e tuttora inspiegata maledizione colpisce il 90% circa dei visitatori: si viene a Pai per una breve gita di qualche giorno e si finisce per restarci un mese o più. Non solo. La maledizione è talmente potente che condanna a tornare in questo sonnacchioso e stregato paesino per anni e anni e anni.
Perciò se sei un nostalgico e le tue radici affondano profonde da qualche altra parte, tieniti lontano da Pai come fosse la peste. Altrimenti fai un fischio, che ci si vede lì.



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