Viaggiare
significa molto più che volare lontano, mettere piede in un paese straniero,
scattare qualche istantanea ai monumenti più celebri ritagliandosi fette di tempo
tra un selfie e un altro per poi andare a rinchiudersi negli spazi “privilegiati”
di qualche bel resort traboccante di comfort e aria condizionata. Viaggiare
significa uscire dalla bolla fittizia del turista per immergersi nella cultura di
quel paese: parlare con chi ci vive, informarsi sulle tradizioni locali (e
averne rispetto), uscire dai terreni battuti per scoprirne gli angoli più
tipici e autentici.
Ma c’è un altro
modo per accorciare le distanze ed entrare nel cuore pulsante di un luogo:
assaggiarne la cucina. E questo, lasciatemelo dire, è un sacrificio facile da concedersi se il posto
in questione si chiama Thailandia.
Questo paese a
forma di testa di elefante vanta infatti una cucina deliziosa, sana e leggera,
che trova i suoi ingredienti principali nel riso e nel pollo e la sua
eccellenza nello sposalizio di cinque sapori: piccante, dolce, salato, amaro e
acido.
Mangiare con la
gente del luogo è un’esperienza affascinante e divertente. Se siete in
compagnia scordatevi di ordinare la vostra pietanza e di conservarla
gelosamente per le vostre papille gustative; in Thailandia si ordinano diverse
pietanze, le si posiziona al centro della tavola guarnite da litri di birra e
le si divide tra i commensali.
 |
Frutta fresca pronta a trasformarsi in deliziosi fruit shake. |
 |
Uova di quaglia fritte e spiedini di palline di pesce. |
Tra tutte le
cucine che ho provato in questi anni di scorribande quella thailandese si
piazza seconda solo a quella romagnola (deve ancora nascere, ahimè, l’essere
umano in grado di inventare qualcosa di più pregiato dei cappelletti) e
riuscire a stilare una classifica dei suoi tesori è una di quelle imprese destinate
a mietere vittime ingiuste.
 |
Il cibo degli dei: il cappelletto romagnolo della mamma. |
Dopo essermi persa
in una lunga rassegna di dubbi, ripensamenti, aggiunte ed esclusioni, sono però riuscita a stilare la mia personale top
ten. È stata
una faticaccia, ma ne è valsa la pena.
Ecco, perciò, le dieci prelibatezze thailandesi che secondo me non
dovreste perdervi per nessuna ragione al mondo.
Il posto d’onore
non poteva che spettare al
piatto che spopola a Chiang Mai, la città che per
prima ha accolto questa
mia nuova vita errabonda.
Di derivazione birmana e diffusa in Thailandia e Laos del
Nord, è una zuppa di curry in
latte di cocco con noodle all’uovo, coscetta di pollo (khao soi gai)
e un trionfo di spaghettini fritti sulla cima a impreziosire il tutto. Il
piatto è accompagnato da scalogno fresco, lime e crauti sottaceto serviti a
parte da aggiungere a propria discrezione, anche se la bontà del piatto
consiste proprio in questo mix irresistibile di sapori. Il tutto, nemmeno a
dirlo, naviga in abbondante peperoncino ma non è solo per il palato che il khao
soi costituisce una sfida all’ultimo sangue, ma anche per i vestiti: i noodle
sono anguille vive e confinarle entro gli spazi angusti di una bocca è impresa da supereroi.
2. Laab
Noto anche come larb
e laap, è un piatto tipico dell’Isaan (nord-est della Thailandia) e del
Laos. Immaginate una sorta di macinato (di vitello, pollo, maiale, anatra o
pesce) condito con una quantità di spezie che solo a nominarle le papille
gustative vanno in confusione: chiodi di garofano, peperoncino, cumino, pepe,
anice stellato, cipolla e aglio. Su tutte spicca però stentorea la menta, il cui sapore è
facilmente riconoscibile in ogni laab che si rispetti.
Vi verrà servito
accompagnato da un piccolo cestino con dentro il riso glutinoso (sticky rice):
per gustarlo al meglio affidatevi alla tradizione, che prevede di arrotolare
piccole palline di questo superbo riso appiccicoso e usarlo come una pinza per
afferrare una piccola porzione di questa speziata insalata di carne.
3. Pad kra pao gai (Thai basil chicken)
Se vi considerate amanti del
piccante ecco una sfida per i più coraggiosi. Il verde che caratterizza questo
piatto tradizionale thailandese non è solo quello dei fagiolini e del basilico
(holy basil, molto diverso da quello che abbiamo in Italia) ma del
peperoncino, un oceano di chili, presente per par conditio anche in versione
rossa.
Da accompagnare all’immancabile riso bianco cotto al vapore, ottimo per
spegnere le fiamme che incendieranno la vostra lingua.
4. Kaeng matsaman
(Massaman curry)
L’origine di
questo piatto appartiene ai grandi misteri dell’arte culinaria. Qualcuno ne ritrova
le radici nelle terre centrali della Thailandia e nella tradizione persiana,
per altri è invece una delle delizie del sud, laddove le influenze indiane e musulmane
si fanno sentire in modo prepotente. Personalmente però perderei poco tempo a individuarne la
provenienza per concentrarmi sul mix di sapori che invade la bocca
alla prima cucchiaiata di questo curry speziato.
Al di là che si scelga la
versione vegetariana o quella con la carne (vitello, pollo o anatra), vi
troverete di fronte a una generosa miscela di spezie, tra cui trovano spazio cannella,
cumino, cardamomo, chiodi di garofano, anice stellato, coriandolo, lemongrass,
galangal e noce moscata. Il tutto amalgamato con cipolle, patate e noccioline
tostate.
Da accompagnarsi rigorosamente (come ogni curry del resto) con il
riso.
5. Som Tam (Green papaya
salad)
Ci ho messo un po’ ad
apprezzare come merita quello che probabilmente è uno dei piatti più celebri
della cucina thailandese. Difficile ottenerne una versione “occidentale”, vale a dire a
livelli accettabili di piccantezza. Quella originale prevede infatti quantità
illegali di peperoncino, ma se riuscite a non farvi insultare dicendo che la
desiderate mai pet (non piccante, anche se il “non piccante” thai è un concetto
del tutto relativo) vi troverete di fronte a una vera delizia.
Vedere affettare
la papaya verde acerba con colpi velocissimi di coltello è come assistere a un
gioco di prestigio; ti aspetti che parta all’improvviso almeno un dito e invece niente,
solo una cascata di filetti verdi cui si aggiungono noccioline tostate, pomodoro,
gamberetti essiccati e i classici ingredienti della cucina thai: peperoncino, aglio, zucchero di canna, succo di lime e tamarindo.
Nel sud viene arricchita con
gamberetti freschi di giornata e allora è spettacolo puro.
6. Tom Kha Gai (Thai
coconut soup)
Questo classicone
della cucina laotiana e thailandese, apprezzato anche da chi non ama i piatti
eccessivamente piccanti, è una zuppa di pollo in latte di cocco in cui
galleggiano galangal, funghi, gambi di citronella e foglie di kaffir.
La
sensazione al palato è deliziosa e rende pienamente merito all’abilità tutta
thai di miscelare sapientemente piccante, salato, dolce e aspro.
7. Ka nom tom (Thai
coconut ball)
Me le comprò per la prima volta un’amica qualche tempo
fa in uno dei tanti mercati di Chiang Mai. Le trovai subito simpatiche, sarà
che io il cocco lo spanderei generosamente anche sugli spaghetti. Queste palline bianche appiccicose sono fatte, nemmeno a dirlo, con
quella manna che è il riso glutinoso amalgamato con succo di pandan. Fuori è
tutta una pioggia di scaglie di cocco, mentre dentro sono come l’ovino kinder,
solo che al posto della sorpresina di plastica c’è un cuore di zucchero di
canna caramellato che meriterebbe di costituire un pasto a sé.
É una bomba di colesterolo, inutile
negarlo, ma è uno di quegli stravizi che una volta ogni tanto tocca concedersi.
8. Khao niaow
mamuang (Sticky rice and mango)
Il riso
appiccicoso (scusate, ma la mia è un po’ una fissa) con mango, il frutto
principe thailandese, è un vero e proprio must, uno di quei piatti che prima o
poi vi troverete volenti o nolenti ad assaggiare se mai deciderete di
avventurarvi in questa porzione di Oriente.
Sappiate che l’esplosione di sapore
che vi attende in bocca supererà a stento quella che interesserà il vostro
stomaco, perché questo dessert che affoga (ma non muore) nel latte di cocco ha
la capacità di espandersi come una spugna intrisa d’acqua all’interno di tutti
gli otto metri dell’intestino. Ma proprio quando avrete l’impressione di scoppiare
come un fuoco artificiale vi sorprenderete a piangere di gratitudine,
consapevoli che esistono modi di lasciare questo mondo enormemente meno
piacevoli.
Se ne avete la possibilità provate la versione con sticky rice
nero.
9. Roti (Thai
pancake)
Questo intruglio
di uova e burro è un popolare street food del sud della Thailandia,
anche se ormai la sua popolarità ha travalicato i confini delle regioni. Il più
celebre è quello alla banana, ma esistono anche varianti salate.
Se passate da
Ko Jum fate un salto da Ban Ban e chiedete a Mali di farvi il suo roti speciale
con uvetta e cannella. Io, che sono donna e sono pure ariete, come tale
incontentabile, ho osato sfidare cotanta bontà chiedendo di aggiungere una generosa
manciata di anacardi: il risultato è stato talmente sopra ogni aspettativa che tuttora il suo ricordo turba le mie notti.
Il roti è una mazzata di burro ma è delizioso, economico
e molto, molto thai.
10. Durian

Se controlli poco
accurati potrebbero consentirvi di salire su un aereo asiatico con un paio di
cesoie affilate o un lanciarazzi, scordatevi di portare come
presente a parenti e amici lontani il “
Re dei frutti”, come lo chiamano gli
estimatori, o il “
Frutto più puzzolente del mondo”, come invece lo appellano i
soliti incontentabili. Ma malgrado tutta la poesia che caratterizza noi
romantici del gusto, tocca ammettere che un motivo c’è: l’odore che sprigiona è
talmente penetrante da far sorgere il sospetto che qualcosa di grave sia appena
accaduto: un cadavere in putrefazione? Un chilo di gorgonzola lasciato a
decomporsi sul terrazzino in pieno luglio? Una decina di piedi abbandonati a
marcire dentro un paio di Alla Star e poi sguinzagliati in libera uscita?
Il durian
lo senti ancor prima di vederlo e la sua è un’accoglienza invadente. Ma se non
ci si fa scoraggiare, questo ingombrante (in tutti i sensi) e irsuto frutto
svela un inaspettato cuore delizioso.
Cremoso come un formaggio,
resta una delle prelibatezze più costose dell’Asia e come tutte le prelibatezze
spartisce l’umanità in ferventi sostenitori e in nemici giurati, che
morirebbero di stenti pur di non affondare la lingua nella sua polpa. Personalmente lo adoro. Comunque la pensiate, merita un assaggio, se non altro per levarsi il dente e non pensarci
più.
Nota: Poiché il mio tentativo di reinventarmi
vegetariana sulla lunga distanza è fallito miseramente, diversi piatti
sono in versione carnivora, ma per tutti i cruelty
free di questo mondo possono essere aggiustati
bandendo la carne.
Etichette: Tradizioni & Cultura, viaggio