Domani lascerò, almeno per un po’, Chiang Mai e
mi sono resa conto che ancora non ho dedicato un post alla città che, suo
malgrado, ha avuto l’incombenza di accogliermi per quasi tre mesi.
Che pazienza ha avuto a sopportarmi durante la fase di adattamento: i miei
sbalzi di umore, la mia rigidità, i miei sbrontolamenti silenziosi! Non ha mai battuto ciglio,
è sempre
stata a guardare, persino quando l’accusavo di essere un riflettore di solitudine (cosa però vera).
Mi lasciava sfogare e pazientava, sicura che prima o poi avrei
deposto le armi e me ne sarei innamorata. Così è stato.
Naturalmente non esiste una città perfetta e anche Chiang Mai qualche difetto ce l'ha. E pure grosso. Da qui la decisione di mettere in scena un confronto all’ultimo sangue Chiang Mai vs Chiang Mai. E poichè ogni duello che si rispetti comincia a parità di armi, ho
scelto 5 pro e 5 contro, esposti senza intenti di progressione: il numero 1 ha la stessa importanza del numero 5, per capirci; mi verrebbe quasi da dire che uno vale uno ma non vorrei
che qualcuno fraintendesse…
Cominciamo dai contro, così ci togliamo il dente.
I CONTRO DI CHIANG
MAI
1. È inquinata
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La mascherina per lo smog è una delle tendenze moda più diffuse in Thailandia
(Credit
© Mark Edwards, Hard rain picture library). |
L’inquinamento che ho trovato qui è stato del tutto inaspettato.
Ero già stata a Chiang Mai altre volte, eppure non ne ho ricordo. L’impressione
è che negli ultimi anni questa città sia esplosa e questo ha portato
inevitabilmente anche a una congestione di motorini, tuk tuk e songthaew (taxi
collettivi) che in Italia sarebbero fuori legge da almeno una decina di anni.
Per chi come me si sposta in bicicletta significa stare fermi
in coda o ai semafori e inalare le più grandi schifezze che uomo abbia mai
prodotto, mentre nel frattempo cerchi di non farti uccidere, perché il traffico
qui non solo è inquinato ma pure pericoloso (mai dire mai nella vita, ma credo che l’abilità di guida non sarà la qualità per cui i thailandesi passeranno alla storia). Questo di norma. Poi durante la stagione degli incendi la situazione smog peggiora drasticamente, raggiungendo valori anche 5 volte piu' alti del normale, che già normale non è.
2. È poco green
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Suan Buak Hat Park, Chiang Mai. |
Chiang Mai non è una città green, da nessun punto di vista. Tranne a febbraio, quando in occasione del
Festival dei fiori, si trasforma in un tripudio di verde, colori e profumi. Esistono giardini stupendi e polmoni
verdi generosi, ma appartengono tutti a università, zoo, giardini botanici e consolati.
Naturalmente una volta fuori città le cose cambiano, i parchi
nazionali e la natura diventano copiose e generose, ma in città la situazione è
disastrosa.
Non esistono praticamente aree verdi pubbliche che possano assomigliare ai nostri parchi cittadini,
con panchine, giochi per bambini, gelato e anatre da ingozzare. In realtà un’eccezione
c’è ed è pure un gioiellino: il
Suan Buak Hat Park. Peccato che
sia così piccolo da riuscire a percorrerne il perimetro con una corsetta di
pochi minuti (e io, fidatevi, corro molto lenta!). Si vocifera di un piano
urbanistico che prevede, oltre a un reticolato di piste ciclabili, anche la
costruzione di alcune aree verdi, ma per il momento gli unici cantieri che si
vedono appartengono a nuovi condomini e centri commerciali.
Chiang Mai
non è green neppure da un punto di vista
ecologico, ma in questo è perfettamente thai. La Thailandia in generale, salvo
le dovute e doverose eccezioni, non ha ancora raggiunto quel livello di
progresso che forma una coscienza ecologica. Qui la plastica è un culto
e per me, socia di una
cooperativa che promuove la vendita di prodotti sfusi, significa turarsi il naso perennemente.
3. Non ci sono autobus
pubblici
Sulla carta esiste una rete pubblica di autobus, ma
nella realtà la gestione del traffico è regolata da una
vera e propria mafia messa in atto da tuk tuk e songthaew che blocca ogni tentativo dell’amministrazione comunale di attivare
una rete di trasporti regolare ed efficiente come esiste a Bangkok. Per chi come me, abituata da sempre a spostarsi in autobus, questa è una grande
sofferenza. L’apice della sofferenza però è stato raggiunto quando, divenuta
consapevole della situazione ed escludendo a priori di noleggiare un motorino
per questioni sopravvivenza, ho dovuto cedere al mezzo più estraneo al mio
background motorio: la bicicletta.
Secondo notizie freschissime, proprio in questi giorni starebbero mettendo delle pensiline qua e là. Seguiranno aggiornamenti!
4. C’è la stagione
degli incendi
Questo è uno dei limiti più grandi e difficili da digerire
di Chiang Mai. Durante l’inverno italiano, con un picco impietoso tra la metà
di febbraio e gli inizi di aprile, il bacino dentro cui la città è costruita
accoglie generosa il frutto dell’attività folle e sconsiderata delle migliaia di incendi che vengono appiccati nelle montagne della Thailandia del nord (ma anche delle medesime
zone di Myanmar e Laos).
Durante la burning season l’aria diventa irrespirabile e le mascherine anti-smog
nascono come funghi, appiccicandosi al viso di poliziotti, medici, commessi e
chiunque debba sorbirsi anche solo pochi minuti di traffico. Ne ho visto persino
una appiccicarsi al mio, di volto! Motivazione culturali si sposano a ragioni
economiche e all’apparente incapacità del governo di porre rimedio a un
fenomeno che non solo devasta il patrimonio millenario delle foreste tropicali,
ma crea enormi danni alla salute e alla più grande fonte di reddito di questa
parte della Thailandia: il turismo.
5. È piena di occidentali
attempati che si accompagnano a ragazzine
La prostituzione in Thailandia è fatto tanto noto quanto
controverso. Il confine tra costrizione e apparenti atti di libera
volontà è sottilissimo, difficile da individuare. Fatto sta che Chiang Mai
porta all’esasperazione un fenomeno tipico della Thailandia: le coppie
miste farang-thai, in particolare tra ragazzine e attempati gentiluomini occidentali. Attenzione: ragazzine non significa bambine. Le donne
thailandesi spesso appaiono molto più giovani di ciò che sono, e comunque il
reato di prostituzione minorile qui scatta dai 16 anni in giù. So altrettanto bene
che la stragrande maggioranza di questi rapporti misti trovano le due parti
ugualmente consenzienti. Resta il fatto che tutte queste mani che si
intrecciano, sottolineando una paurosa differenza di età e un’inevitabile sensazione
di padri-figlie, fanno un certo effetto e anche un po’ di tristezza. Parola di farang donna.
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