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Un monaco in meditazione. |
Dopo i 5 motivi per "odiarla", ecco le 5 ragioni che mi hanno fatto innamorare della Rosa del Nord. Ho dovuto condensarli, perché la mia mente è sempre più abile a trovare i lati positivi di quelli negativi, ma un duello ad armi impari non è un duello che meriti rispetto.
Anche in questo caso, i 5 punti sono rigorosamente in ordine sparso.
I PRO DI
CHIANG MAI
1. È bellissima
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Tha Phae Gate, la porta est di Chiang Mai. |
Adagiata in una
conca fertile bagnata dal fiume Ping e protetta dalle montagne, a chi la vede
per la prima volta Chiang Mai ricorda uno dei nostri paesini medioevali. Quanto
meno la cosiddetta città vecchia, un piccolo gioiello di 1,6 x 2 km circondato dalle
mura, a tratti ancora ben conservate, e da un fossato che risale all’epoca
della costruzione dell’ex capitale del Regno Lanna (1296), quando il Myanmar era
ancora un nemico da temere più che un fastidio di cui fare volentieri a meno. Quelle
stesse mura che un tempo frenavano le manie conquistatrici dei birmani, oggi
proteggono (o quanto meno ci provano) la storia dalla modernità. Dentro, un
reticolo di viuzze strette e tortuose punteggiato di templi, bar e
ristorantini. Fuori, la Chiang Mai dei quartieri eleganti, dei palazzoni e dei
centri commerciali.
Camminare lungo i
marciapiedi che costeggiano il canale, mentre il cielo scolora e il sole si
spande sull’acqua spruzzata dalle fontane per riflettersi sugli specchietti dei templi è
una potente terapia antidepressiva, uno schiaffo
al pessimismo e alla rassegnazione.
2. È un paradiso per i nomadi digitali
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L'ultima gioia dei nomadi digitali di Chiang Mai:Camp. |
Quando mesi fa,
durante il periodo preparatorio alla Grande Decisione,
cominciai a scandagliare internet in cerca di possibili mete per nomadi
digitali, mi accorsi che Chiang Mai saltava sempre fuori. Una fortuna sfacciata, la mia,
perché avevo un debole per questa città già da diversi anni, dal 2008 per la
precisione, quando l’avevo visitata la prima volta. Ora si svelava come la
città più adatta per iniziare la mia nuova avventura. Ed è vero, Chiang Mai è
un paradiso per chi lavora via internet. Ottima connessione, wi-fi gratuito
ovunque. Ovunque significa ovunque: nei bar, nei ristoranti, dal
dentista, nei templi. Se non siete sensibili alle distrazioni come lo sono io potete
lavorare adagiati sul bordo di una piscina, seduti sulla panchina di un parco, mentre
qualcuno vi rovista tra i denti. Sono moltissimi i nomadi digitali che
convergono qui da tutte le parti del mondo attirati dalla facilità di
connessione, ma anche dai costi di vita bassi, l’atmosfera rilassata, l’abbondante
disponibilità di soluzioni abitative per tutte le esigenze e i flussi pressoché
ininterrotti di interazioni umane e professionali.
3. È spirituale
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Un monaco accende le candele attorno a un chedi per la festa di Makha Bucha. |
È stata una delle prime cose che ho avvertito di
Chiang Mai. Non parlo di religione, ma di spiritualità, di quel qualcosa che
volteggia nell’aria e si insinua tra un pensiero e l’altro. Per
poi naturalmente trovare le sue espressioni più simbiotiche dentro i circa 300
templi che puntellano la città vecchia e i dintorni. I templi (wat in
thailandese) sono talmente numerosi da costituire la parte più rilevante dell’architettura
appuntita e frastagliata della città e, come le chiese un tempo da noi, sono
luoghi non solo di preghiera, ma anche di aggregazione; i templi a Chiang Mai
sono come mamme da grandi braccia che accolgono cani abbandonati, bancherelle
di cibo, centri massaggi, disquisizioni di karma e vita, mantra e suoni di
gong, chiacchiere e pettegolezzi.
Sebbene il confine tra sacro e profano sia
alquanto labile anche da queste parti, il wat resta un luogo sacro dove si entra
senza scarpe e con le spalle coperte, dove si omaggia il Buddha, si riceve la benedizione e ci si raccoglie in meditazione.
Il Buddha
però non è solo una statua che ti osserva a occhi socchiusi, ma una filosofia di
vita che valica i confini di calce e si proietta fuori: nelle strade, dove la
mattina presto i monaci camminano scalzi a chiedere la questua, nelle casette
degli spiriti (non sapete cosa sono? Leggete questo bell'articolo) presenti in ogni casa, albergo, ufficio e centro commerciale, nelle
litanie che si spandono tra gli alberi e lungo le strade fregandosene dello
smog, del traffico e del rumore. E se ti rechi al tempio poco dopo l’alba o
poco prima che il sole si ritiri, in quegli spicchi di tempo in cui i turisti si
sono già ritirati o non si sono ancora affacciati, l’atmosfera che ricevi in
dono è quella che compete a ogni luogo spirituale, a ogni casa di Dio di questo
mondo, fatta dei due più grandi segreti dell’esistenza: il silenzio e il
ringraziamento.
4. C’è lo sticky rice
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Sticky rice e laab. |
Che non si trova solo a Chiang Mai, è chiaro, ma è qui nel Nord che nasce la vera delizia dell’arte culinaria thailandese. Scordatevi il durian, i dancing shrimp e gli insetti fritti, la vera star è il riso glutinoso, una varietà appiccicosa di riso che accompagna molti piatti thailandesi tradizionali. Lo si trova in cestini di bambù sulle tavole del nord Thailandia e del Laos come accompagnamento a diversie pietanze. Qualche anno fa in Laos mi insegnarono a modellarlo con le dita e a farne delle palline con cui afferrare i pezzettini di carne piccante del laab, per poi mangiare tutto insieme. Lo sticky rice è uno dei due ingredienti fondamentali anche di un'altra celebrità culinaria molto thai: sticky rice e mango. La mia versione preferita però è quella che trovo la mattina presto al Chiang Mai market: riso glutinoso affogato nel latte di cocco e sormontato da un tripudio di caramello, il tutto rinchiuso dentro un fagotto di foglie di banano.
Ero arrivata da pochi giorni a Chiang Mai, quando una mattina mi sono recata al tempio più antico della città, il Wat Chiang Man (la fantasia thailandese per coniare i nomi mi ha sempre affascinata). Mi ero da poco seduta silenziosa in una delle poltroncine di plastica davanti al buddha per guardare affascinata il via vai dei devoti con i loro cesti pieni di fiori, incensi e cibo per i monaci. E mentre attendevo che si desse il via ai mantra del mattino, la signora piccolina e senza età seduta vicino a me ha preso uno di questi fagottini da un sacchetto e me lo ha allungato. Io le ho sorriso estasiata, nessuno mi aveva mai allungato in un luogo sacro del cibo che non sapesse di pane azzimo. Così ho ringraziato e l’ho aperto, ci ho affondato dentro le dita imitando la mia benefattrice e ho colmato le papille gustative di quel succo zuccheroso e morbido, pensando che quella era l’accoglienza più dolce che potessero farmi.
5. È al centro di una zona antropologicamente molto interessante
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Bambine di etnia Hmong. |
Chiang Mai è il
fulcro di un’estesa area
di giungla, colline e montagne dove vivono le hill tribes, le tribù di montagna. In città i tour specializzati in trekking e visite ai villaggi tribali sono più numerosi dei baracchini che vendono pad thai, ma la distanza spesso molto ridotta e la facilità di noleggiare un motorino rendono facili anche le visite fai da te. Secondo
wikipedia
le hill tribes sono più di venti,
ma generalmente si fa riferimento alle principali sei:
Akha, Lisu, Lahu, Karen,
Hmong (o Miao) e Mien (o Yao).
Sebbene ogni gruppo abbia una sua precisa identità, con
tradizioni, linguaggi, credenze e abiti peculiari, alcuni elementi creano un
substrato comune, fatto di atteggiamenti tendenzialmente schivi, tecniche agricole
di sussistenza, un passato come coltivatori di oppio e un presente di povertà, sfruttamento
turistico, emarginazione e assenza dei diritti basilari, tra
cui quelli di cittadinanza, sanità e istruzione. Queste
etnie di origine semi-nomade
provenienti principalmente da Myanmar e Cina costituiscono uno dei gioielli antropologici
sparsi per il mondo e con questi spartiscono uno dei più grandi dilemmi in cui
prima o poi si imbatte chiunque ami viaggiare: entrare
in contatto con questi affascinanti testimoni viventi di società tradizionali,
coscienti che il turismo porta qualche beneficio ma al contempo distrugge la tradizione, o lasciarli in pace, emarginati e tentennanti ma con il loro bagaglio culturale intatto.
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Etichette: chiang mai, città, Tradizioni & Cultura